LENTINI – LETTERA APERTA DI UNA RAGAZZA DI PERIFERIA

Per il periodico Informa Sicilia.    ***    ***      Riceviamo la seguente “lettera al direttore”  e integralmente pubblichiamo   ***    ***

Sono felice davvero di “Sos quartiere chiama città”, l’evento che ha preparato l’amico Salvatore Giarrusso.  Io provo tanto affetto e tanta stima per lui, ma a volte mi sento in colpa perché vuoi per il lavoro e vuoi per motivi miei esistenziali non colgo la possibilità di seguirlo nel suo amorevole progetto.  Salvatore è un uomo che si è fatto da solo, una persona buona e onesta che quando si inizia ad associarlo alla politica provo rabbia, perché ci si sente tutti perfetti, e ad essere sbagliato è sempre l’altro. Non è il suo progetto fine a se stesso che non riesco a sentire mio, ma la gente che è attorno.

Ovvero non riuscirei per forza di cose a collaborare per un dialogo con l’amministrazione tra suoi uomini e donne, ai quali in fondo non ho mai creduto, e che rappresentano il fallimento di una città intera, immagine di una società messa in ginocchio dalla politica e il suo servilismo.

Al di là della potatura degli alberi con camionate di rami secchi abbandonati nei nostri prati per mesi, e quattro cassonetti messi in più di fronte casa, dopo aver assillato per mesi l’assessore come possiamo credere a una possibile valorizzazione di un territorio? Per esempio, chi parla mai davvero dei ragazzi delle periferie?

Chi parla mai di Librino andandone a scovare i veri contenuti oltre microcriminalità, mafia e droga? E così per ogni periferia d’Italia, da Quarto Oggiaro a Scampia da San Paolo di Bari allo Zen di Palermo, da Barriera di Torino ai quartieri di provincia. Molti non conoscono il significato di Zona 167 ovvero ,tutto quello che rappresenterebbe un’area destinata all’edilizia residenziale popolare dal piano regolatore di un comune definita ai sensi della legge n. 167 del 18 aprile 1962 per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare.

Ma quando parliamo di quartieri a rischio, di cosa disquisiamo davvero? Cosa definisce un “quartiere a rischio” ? E da chi è popolato?

Culturalmente vogliono insegnarci a distinguere il bene dal male ma spesso lo facciamo con metri di giudizio piuttosto approssimativi. La maggior parte di noi non riesce a vedere oltre la propria realtà, per disinteresse o per scarsa conoscenza delle cose. Forse è il momento di ascoltare davvero chi vive in questi contesti. Ascoltare davvero la rabbia dei ragazzi che hanno vissuto o che vivono le storie di quartiere come noi.

Non siamo le Banlieue, non facciamo tutti i Black Block, non siamo per forza dei criminali, ma sappiamo molto bene cosa accade attorno a noi.

In Francia pensate che quei ragazzi vogliano morire per Dio, anche se è quello che vogliono farvi credere come se fossimo realizzati in serie, noi in Italia viviamo per sopravvivere sperando in Dio.

E’ facile per noi essere risucchiati dalle correnti create ad Hoc per l’occhio sociale. Siamo stati risucchiati e annullati dal finto benessere degli anni 80 e 90, come sempre al piacimento di chi racconta storie per i giornali ci risucchiano e  ci annullano scaraventandoci nella Microcriminalità e nel disagio.

In ogni caso ci annullano e basta ma il disagio possiamo esprimerlo bene solo noi. Non è capire la rabbia e la sofferenza che abbiamo dentro. E’ facile parlare dei temi per irrobustire lo scenario. Delinquenza droga e mafia per i quotidiani e nulla più. Oggi che la droga la comprano i figli della ‘borghesia’ e spesso anche i loro genitori.  Qualcuno dice che è il sesso la droga dei poveri.

Ma a sua volta il sesso può rappresentare uno dei valori come l’amore. Due valori che noi amiamo sentire intensamente e nello stesso tempo termini troppo abusati nell’alta società, così come le droghe appunto.

Noi ci sentiamo un po’ diversi dagli altri ragazzi che arrivano un po’ a tutto, a sesso, amore ma anche le droghe. Giovani annoiati loro, dicono spesso che non sentono più niente, probabilmente delusi anche dalle aspettative di una vita che i loro genitori  hanno dipinto per loro come una favola, e  oggi assieme soffrono i fallimenti di un’Italia che affonda.

Noi invece abbiamo sempre saputo come vanno e come devono andare le cose.   Si parla di noi  se finiamo nei giornali, se siamo dei criminali. Se non lo siamo restiamo ai margini. Tra di noi c’è molta gente onesta in realtà e siamo lontani dal quel clientelismo che tanto piace alla nostra politica, e proprio per questo spesso rischiamo di non venire a galla, non troviamo un lavoro, non possiamo mettere su famiglia, e se ci scappa un figlio abbiamo paura di non potergli dare tutto.

 Come mai i mass-media  locali queste cose non le dicono? A Lentini questi geni della carta stampata e non vengono in zona solo per fare una foto o delle riprese  alle case terremotate del ’90, che a loro detta sono abitate da  presunti tossici, e scrivono lo stesso pezzo da dieci anni. Come scrivono da dieci anni che parte la differenziata, apriranno il canile, renderanno la città più bella, parlano di finte associazioni che non hanno fatto mai nulla davvero per aiutare i ragazzi in difficoltà, ma chissà perché non cercano un lentinese qualsiasi per parlare dei veri problemi, dell’alto tasso di Leucemia, del l’amianto, delle discariche che abbiamo attorno, dei negozi che chiudono, dei giovani (non solo di quartiere)  senza futuro, di una città che ormai pare dover venir fuori da una guerra dove tutto è imploso o esploso.

Ne abbiamo abbastanza dell’ipocrisia dei nostri media.

La rivalutazione di un popolo e di un quartiere, vuole il verde, il pulito, l’ordine, l’attenzione dei più, ma si deve parlare alla pancia e ai cuori delle persone.

Nelly Ricco