PARLIAMO DI KARATE – E' UNO SPORT AGGRESSIVO E VIOLENTO ?

Per il periodico Informa Sicilia a cura di Angelo Parisi ***  ***angelo_i

A Lentini esiste una realtà che pochi conoscono e che desideriamo porre all’attenzione di nostri lettori con tutta una serie di articolo sul Karate. Iniziamo con presentare questo sport che a molti pare aggressivo e violento, mentre in realtà non è affatto così .  ***

Onore, rispetto e disciplina: questi sono i pilastri fondamentali di quest’arte magnifica. Tante sono le motivazioni per cui si sceglie di praticare karate, così come tante sono le cause che ancora tengono lontane le persone da questa disciplina. E’, infatti, ancora oggi forte la convinzione che arte marziale sia sinonimo di violenza, che praticare karate significhi diventare aggressivi, litigiosi, troppo sicuri di sé, quindi pericolosi.

Nella pratica del karate si educa l’allievo a coltivare un sentimento importante: il rispetto.

Questo atteggiamento è presente e costante in ogni momento dell’allenamento ed insegnato sin dalla prima lezione. Si parla del rispetto per il luogo (dojo), per il Maestro (colui che ci guida), per i compagni (amici con cui condividere gioie e fatiche). Per riuscire a creare un momento di allenamento che sia allo stesso tempo sicuro, funzionale e divertente, nel karate è necessario instaurare con i compagni un rapporto di reciproco affidamento (rispetto delle regole) e di collaborazione.

 Il karate si ramifica in due elementi: Kata e Kumitè.

La parola Kata nella lingua giapponese, in antichità, assumeva il significato di simbolo per enfatizzarne il contenuto spirituale, in seguito assunse il significato più semplice di forma. Il kata è un succedersi di tecniche di parata e attacco prestabilite contro più avversari immaginari e forme. Nell’esecuzione dell’esercizio riveste grande importanza proprio la qualità formale delle singole tecniche, delle posizioni e degli spostamenti.

Ogni kata è composto da una serie di movimenti che ne costituiscono le caratteristiche evidenti, ma presenta altri elementi che sfuggono alla comprensione più immediata. I maestri che li hanno creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi per evitare che altri se ne impadronissero.

Il termine giapponese kumitè viene tradotto con la parola combattimento, però tale termine è incompleto, cioè privo degli elementi compresi nel concetto di kumitè. Kumite si compone della parola kumi, che significa “mettere insieme”, e della sillaba te, che significa “mano”. Per kumitè si intende quindi l’incontrarsi con le mani: nel confronto reale come in quello di palestra è necessario un avversario. Lo scopo del vero combattimento è quello di abbattere l’avversario, quello del kumitè è la crescita reciproca dei praticanti.