Intervista a Giuseppe Saglimbeni, dalla Sicilia al Friuli per amore di Laura Gorini

Scrivere è vivere quel tempo di mezzo nei meandri della quotidianità

Con Il Barone di Palagonia Giuseppe Saglimbeni ci regala un romanzo di 500 pagine ben scritto e avvincente. Un testo che gli sta dando molto e grazie al quale oggi cura una rubrica letteraria e non solo. Lo scrittore ai nostri microfoni.

Giuseppe, da Augusta (SR) a Pordenone, che cosa ti manca della tua Sicilia?

Premetto che il mio trasferimento dalla Sicilia al Friuli ha delle motivazioni non legate a problematiche lavorative. Ho conosciuto, quella che poi sarebbe diventata mia moglie, durante il servizio militare nella base aerea di Aviano e dopo diversi anni di relazione a distanza presi nel lontano 2001 la decisione di trasferirmi per mettere con lei famiglia! E difatti siamo sposati da 22 anni ed abbiamo due figli. Ciononostante la Sicilia è sempre un pensiero costante. Se devo dire cosa mi manca di più, posso dire senza ombra di dubbio il mare, il mio mare, quel salatissimo e profumatissimo Ionio che potevo ammirarlo da qualsiasi parte della mia città natia. E del mare mi manca soprattutto l’odore, specie in quelle giornate invernali dove il vento sparge nell’aria goccioline cariche di sale e iodio che “arricriano” le narici di chi se le trova addosso.

La scrittura ti ha aiutato a sentire meno la mancanza della tua terra?

Due sono le parole che in qualche modo racchiudono la scrittura del mio libro. Sogno e radici. Sogno perchè scrivere era quello che volevo fare da ragazzo e solo all’alba dei miei cinquant’anni ci sono riuscito. Radici perché dopo tanti anni di vita in Friuli ho sentito fortissimo dentro di me il bisogno di ancorarmi alle mie radici, alla mia terra natia. Il mio libro è stato pensato in siciliano e nella prima stesura a penna era praticamente quasi del tutto scritto in dialetto. Scrivere Il Barone di Palagonia è stato un modo per riappropriarmi di quella parte di me che pensavo perduta e che è venuta fuori pian piano che la scrittura procedeva.

Come è cambiato il tuo rapporto con essa? In che situazione ami scrivere?

Oggi vivo la Sicilia in maniera consapevole, non sono più solo “l’emigrante” che torna per le ferie ma, proprio attraverso la promozione del mio libro mi scopro ad essere promotore attento di una Sicilia che molto cambiata ed in meglio negli ultimi anni che, lontano dai soliti stereotipi produce ogni giorno bellezza attraverso la laboriosità dei suoi abitanti.

Ahimè scrivo quando ho tempo per farlo. Scrivere è rubare tempo al lavoro, alla famiglia, a me stesso. Scrivere è vivere quel tempo di mezzo nei meandri della quotidianità.

E il tuo romanzo, lungo e dettagliato, Il Barone di Palagonia, di certo ti avrà tenuto occupato per molto tempo. Quando hai capito che potevi metterci la parola fine?

Come ho detto prima, scrivo nei ritagli di tempo e per questo la stesura de Il barone di Palagonia mi ha tenuto occupato per poco più di 2 anni. Ho iniziato a scrivere il 20 marzo del 2020 ed ho terminato il 5 giugno del 2022. In questo tempo la scrittura è stata intervallata dalla rilettura e dallo studio storico di alcune vicende in cui il libro è ambientato. La fine del libro è stata un’assoluta sorpresa. In principio quando avevo scritto il canovaccio del libro avevo pensato ad una certa fine. Quando ero prossimo mancando ormai due capitoli ho avuto quello che viene definito il blocco dello scrittore. Nella realtà i miei personaggi hanno deciso di scioperare e di non procedere più oltre perché erano contrari al finale previsto. E così mi sono messo a pensare ad un finale alternativo che avrebbe accontentato me e i protagonisti del libro. Trovatolo ho ripreso a scrivere. Ed invece il 5 giugno ecco che un personaggio minore si erge improvvisamente a deus ex machina dell’ultimo capitolo e come un cronista ho assistito all’epilogo della storia con il compito di semplice cronista. La fine del libro l’hanno decisa loro!

Rieleggendolo, una volta stampato e pubblicato, che effetto ti ha fatto? Avresti voluto modificarlo ancora?

Editato e pubblicato il libro ho avuto come la sensazione che non l’avessi scritto io. Ogni volta che faccio presentazioni e si leggono delle parti mi stupisco di come abbia scritto certe cose e questo stupore spesso mi porta ad un profonda commozione. Un giorno, tra qualche anno è assai probabile che riveda il tutto, che divida l’opera in più parti e che aggiungo quella parte prevista che nell’epilogo del 5 giugno del 2022 non è rientrata. E sarà una vera e propria sorpresa!

E dopo aver scritto un romanzo così importante ne stai mettendo un altro in cantiere?

Ho già finito di scrivere il mio secondo libro che attualmente è sotto osservazione di un paio di case editrici. Sempre una storia siciliana ambientata subito dopo l’impresa dei mille. Provvisoriamente il titolo è: “Il notaro, ovvero la moltiplicazione dei numeri negativi”.

Al tempo stesso, però ho iniziato a scrivere un romanzo giallo e mi sto cimentando in una storia di una coppia che vuole adottare un figlio. Personaggi che vogliono finire nelle pagine di un libro ne ho veramente tanti.

Tengo a precisare inoltre che la mia attività intorno ai libri si è allargata molto dal momento in cui ho pubblicato Il Barone di Palagonia. Sul web conduco una rubrica di presentazione libri, LIBROWEB in cui ogni settimana intervisto un autore che parla di se stesso e del suo libro. E analoga cosa faccio in eventi letterari dal vivo. Insomma, viva il Barone, viva la scrittura, viva i libri!

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