Quattro chiacchiere con Ivana Manferdelli, una scrittrice per nulla “ fuori tempo” di Laura Gorini

Non c’è alcun intento di abbordare temi delicati, né di banalizzare problemi. I racconti traggono spunto da vicissitudini quotidiane

E’ una donna molto simpatica e assolutamente ricca di sorprese Ivana Manferdelli. Ama leggere e scrivere fin da ragazza ma è solo da qualche anno che si è data con anima e corpo- come si suol dire- alla scrittura, dando alle stampe testi di vario genere. E ora, dopo averci allietato con la lettura di testi per ragazzi e di splendide poesie, eccola farci sorridere- e nel contempo- riflettere con Fuori Tempo, la sua nuova raccolta di racconti, pubblicata per Lupi Editore.

Ivana, nella tua nuova raccolta di racconti tratti con freschezza e ironia svariati argomenti, alcuni molto delicati. Penso -per esempio- ai giovani che faticano a trovare un lavoro o come vengano sfruttati in questo campo. Come riesci a farlo in questa maniera?

Non c’è alcun intento di abbordare temi delicati, né di banalizzare problemi come la disoccupazione, le difficoltà dei giovani e lo sfruttamento della manodopera. I racconti traggono spunto da vicissitudini quotidiane, esperienze lavorative comprese, o mancate esperienze lavorative, cioè la ricerca di lavoro. Le vicende sono spesso condite – o affogate – di ironia perché si può sorridere degli affanni trascorsi quando ormai si è fuori.

Fuori tempo, appunto.

Hai anche affrontato il tema dello sdoppiamento di personalità. Quanto c’ è di te in quel racconto?

Di me c’è abbastanza anche se il racconto è scritto in terza persona. Una terza persona doppia (mi piace il bisticcio!) come il suo segno zodiacale. Lo sdoppiamento dell’indole porta inevitabilmente a delle conseguenze. Detto così è inquietante. In realtà è una storia semplice, lineare, di vicende che possono capitare a chiunque, di scelte da fare, di ragionevoli scrupoli e conflitti interni. Che vengono ironicamente attribuiti al segno zodiacale perché un colpevole va trovato. Per buona pace di tutti.

Traspare nei racconti anche dell’ importanza della famiglia, del movimento fisico e di vivere in armonia con la natura e gli animali, tutte cose a te molto care. Possiamo dunque dire che nei racconti sei assolutamente presente?

Riconosco da sempre l’importanza della famiglia e del vivere in armonia, con sé stessi prima di tutto. Movimento fisico e natura, ahimè, sono consapevolezze più recenti, il primo emerso come impellente necessità dopo l’immobilità dell’isolamento, mentre la natura è un imperativo dell’emergenza climatica, una sfida che non può più essere ignorata. Per quanto riguarda gli animali ammetto che praticamente non vedo oltre al mio gatto, è uno sguardo piuttosto limitato. Però è uno sguardo intenso e pieno di affetto!

Sii sincera, a quale racconto sei più legata e perché?

Sono legata in modo speciale al racconto che parla di mia nonna (è anche l’unico memoir autentico) sia per il contenuto affettivo sia per l’esito narrativo. Attraverso ricordi flash e aneddoti di famiglia, sono riuscita nell’intento di abbozzare analogie fra presente e passato, a spargere il dubbio che le epoche si susseguono, capovolgono, stravolgono, rifiutano le precedenti e allo stesso tempo le assimilano, le ripetono, le imitano, le rispettano. Come negli altri, in questo racconto il tempo è protagonista ed è un tempo lungo addirittura tre secoli. Mia nonna è nata e morta in due secoli diversi, io farò altrettanto, quindi un secolo è appartenuto solo a lei, uno solo a me e poi c’è un secolo in cui ci siamo incontrate e volute bene.